Violenza sessuale

Per la Cassazione non è necessaria la commissione di atti di violenza sessuale, essendo sufficiente il contributo causale fornito dal compartecipe alla commissione del reato
Risponde del reato di violenza sessuale di gruppo anche colui che non ha commesso atti di violenza sessuale, ma si sia limita a filmare i crimini commessi dagli altri. Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 609-octies c.p., è sufficiente che il compartecipe abbia fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 29096/2020 confermano nei confronti dell’imputato quindicenne, accusato di sequestro di persona e di violenza penale di gruppo, la misura cautelare della custodia in un istituto penitenziario minorile.

Inutile per la difesa sottolineare una connivenza dell’imputato non punibile stante la “presenza inerte” del giovane sul luogo della perpetrata violenza sessuale di gruppo. La Suprema Corte rammentano che, ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo, previsto dall’art. 609-octies c.p., è necessario che più persone riunite partecipino alla commissione del fatto, costituendo tale delitto una fattispecie autonoma di reato necessariamente plurisoggettivo proprio, consistente nella “partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti diviolenza sessuale di cui all’art. 609 bis”, in cui la pluralità di agenti è richiesta come elemento costitutivo (cfr. Cass. n. 36036/2012 e n. 3348/20 Tra l’altro, ed è questo un punto fondamentale rimarcato dalla Corte di Cassazione, non è richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, in quanto è sufficiente che il compartecipe fornisca un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato.

E neppure, chiarisce la Cassazione, è necessario che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui tali atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest’ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo (cfr. Cass. n. 6464/2000, n. 3348/2003, n. 11560/2010).

Il concetto di “partecipazione“, precisano i giudici, non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo, di un’attività tipica di violenza sessuale, ovvero che ciascun partecipante ponga in essere in tutto o in parte la condotta descritta dall’art. 609-bis del codice penale.

Secondo un’interpretazione più aderente alle finalità perseguite dal legislatore, deve ritenersi estesa la punibilità (qualora sia comunque realizzato un fatto di violenza sessuale) a qualsiasi condotta partecipativa tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero “spettatore”, sia pure compiacente, sul luogo e al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva (cfr. Cass. n. 15089/2010, n. 44408/2011).

Nel caso di specie è emersa dalle risultanze probatorie una simile situazione in quanto il ricorrente, presente sul luogo della perpetrata violenza sessuate durante tutto il tempo in cui si erano verificati i fatti, aveva imposto sia un toccamento al seno alla persona offesa e aveva realizzato anche un video dei fatti criminali, manifestando, in ogni caso, una chiara adesione alla violenza di gruppo che rafforzava il proposito criminoso del gruppo stesso.

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