Responsabilità del medico

La sentenza numero 29597/2020 qui sotto allegata ha ricordato che l’errore diagnostico da parte del medico non si configura solo quando questi, in presenza di uno o più sintomi lamentati dal paziente, non sia stato in grado di inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o lo abbia inquadrato in maniera errata. Tale errore, infatti, può ben configurarsi anche quando il sanitario non esegua né disponga dei controlli e degli accertamenti che, alla luce della sintomatologia lamentata dal paziente, siano doverosi per poter formulare una corretta diagnosi.

Nel caso di specie, il giudizio aveva a oggetto la vicenda di un ginecologo, condannato per aver causato per colpa la morte di un neonato, deceduto per complicanze respiratorie in grave quadro di encefalopatia ipossico-ischemica conseguente alla rottura dell’utero materno al termine della gestazione.
La Corte di cassazione, a sostegno della responsabilità penale del sanitario, aveva affermato che l’approfondimento diagnostico e la verifica delle condizioni fetali, che il medico non aveva compiuto, avrebbero consentito con elevato grado di certezza di intervenire tempestivamente con il parto cesareo e, in tal modo, di ridurre se non eliminare i danni causati al piccolo.

In definitiva: il mancato prolungato monitoraggio della partoriente deve considerarsi un’omissione colposa riconducibile a un errore diagnostico, poiché si tratta di un comportamento, come ricordato dalla Cassazione, contrario alle leges artis, che impongono di monitorare la donna in procinto di partorire in maniera costante, proprio per diagnosticare l’eventuale sofferenza fetale e intervenire tempestivamente.