LICENZIAMENTO LEGITTIMO DEL LAVORATORE ASSENTE ALLE VISITE DOMICILIARI PER MALATTIA

La Cassazione con l’ordinanza n. 13980/2020 respinge il ricorso di un dipendente, licenziato dalla società datrice perché, come emerso dalle indagini compiute dagli investigatori incaricati, durante il periodo di malattia è andato al mare ed è risultato assente alle visite domiciliari. Condotte che, per loro natura, ledono inevitabilmente il rapporto fiduciario datore- dipendente. Ma come è giunta la Cassazione a ribadire questo importante principio?

La vicenda processuale prende origine quando la Corte d’Appello di Milano respinge il reclamo del lavoratore verso la decisione con cui il Tribunale, a sua volta, ha respinto l’opposizione all’ordinanza di rigetto emessa nei confronti dell’impugnazione del licenziamento intimatogli dalla società datrice.

Nel corso dell’istruzione probatoria, dalle prove fornite dagli investigatori incaricati dalla società datrice è emerso che lo stesso, nel periodo di astensione dal lavoro per malattia, ha svolto attività incompatibili con tale condizione. Il giudice ha altresì tenuto conto del mancato rispetto delle fasce di reperibilità e della vacanza al mare del dipendente, ritenendoli elementi lesivi del rapporto di fiducia e sufficienti a legittimare il licenziamento.

Il dipendente soccombente nel merito ricorre quindi in Cassazione lamentando con il primo motivo la valutazione della Corte sui fatti accertati, ritenuti idonei a ritardare la guarigione del dipendente o ad aggravarne le condizioni di salute.

Con il secondo invece rileva come la Corte abbia ritenuto legittimo il licenziamento a causa dell’assenza da casa del ricorrente nei due giorni in cui sono avvenute le visite di controllo e negli altri due in cui è stata svolta attività investigativa.

La Cassazione con l’ordinanza n. 13980/2020 rigetta il ricorso del dipendente per le seguenti ragioni.

Il primo motivo è inammissibile in quanto “l’espletamento di altra attività, lavorativa ed extra-lavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute e ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia a impedire comunque l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa.”

La Corte di legittimità ritiene pretestuoso questo motivo, finalizzato a criticare la valutazione di merito della Corte d’Appello, che invece è suffragata dal “concreto giudizio circa le circostanze che, congiuntamente valutate, costituivano indicatori di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.”

Del tutto infondato il secondo motivo, visto che la Corte in diverse occasioni ha avuto modo di affermare che “l’osservanza dell’onere posto a carico del lavoratore di rendersi reperibile presso la propria abitazione non ammette forme equivalenti di controllo.”

Senza dimenticare che ai fini del decidere la Corte d’Appello non ha solo tenuto conto della mancata presenza del dipendente alle visite domiciliari, ma ai fini della lesione del rapporto fiduciario ha ritenuto molto importanti i risultati delle indagini compiute dagli investigatori privati che hanno avuto modo di appurare ulteriori assenze non giustificate del lavoratore e incompatibili con il suo stato di malattia.

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