Il licenziamento disciplinare

Il licenziamento disciplinare è la sanzione più grave che il datore di lavoro può infliggere al lavoratore. Il licenziamento per motivi disciplinari è un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, perché la sua causa risiede nel comportamento del lavoratore e non in fatti “oggettivi”, come il calo della produzione (cd. licenziamento per giustificato motivo oggettivo).

Parliamo di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, infatti, quando l’azienda recede dal rapporto di lavoro per ragioni collegate alla persona del dipendente.

Per licenziamento disciplinare s’intende, più specificamente, il recesso dal rapporto lavorativo causato da motivi collegati al comportamento del dipendente, tali da determinare la lesione del legame di fiducia esistente con il datore di lavoro.

La condotta del lavoratore può costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento, a seconda della gravità del comportamento del dipendente.

Quando il licenziamento disciplinare è per giusta causa?
Il licenziamento disciplinare avviene per giusta causa quando è causato da un comportamento del dipendente talmente grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto.
Ad esempio, può essere licenziato per giusta causa il commesso di supermercato sorpreso a rubare i prodotti venduti dallo stesso negozio ove lavora.

Quando il licenziamento disciplinare è per giustificato motivo soggettivo?
Il licenziamento disciplinare avviene per giustificato motivo soggettivo quando è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore.

L’inadempimento del dipendente, perché il licenziamento sia giustificato, deve risultare:

  • non di scarsa importanza (in caso contrario, l’inadempimento legittima soltanto l’applicazione di una sanzione disciplinare conservativa, che non determina il recesso dal rapporto);
  • relativo a un obbligo previsto dal contratto di lavoro.

Procedura
Se il datore di lavoro intima il licenziamento soltanto in forma orale, cioè “a voce”, il lavoratore non deve tenerne conto e deve presentarsi comunque sul posto di lavoro: il licenziamento, infatti, è nullo.
Se il datore di lavoro intima il licenziamento per iscritto, il lavoratore deve esaminare le motivazioni contenute nella comunicazione per verificare la legittimità della sanzione: il dipendente ha 60 giorni di tempo, dalla comunicazione del datore di lavoro, per inviare una comunicazione (tramite pec o raccomandata) con la quale contestare le ragioni del licenziamento
Entro i successivi 180 giorni, se il datore di lavoro non ritira il licenziamento, il lavoratore deve:

  • depositare il ricorso nella cancelleria del Tribunale;
  • richiedere una conciliazione o un arbitrato; se il datore di lavoro non accetta di partecipare alla conciliazione, deve presentare il ricorso nella cancelleria del Tribunale entro 60 giorni dal rifiuto; se in sede di conciliazione non si trova un accordo, deve presentare il ricorso nella cancelleria del Tribunale entro 60 giorni dalla data del verbale in cui si accerta la mancata conciliazione.

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