CASSAZIONE SENTENZA N. 38606/2019

Sfiorare le natiche, il seno o altre parti intime può configurare il reato di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione del 18 settembre 2019, n. 38606.
Il caso vedeva un uomo essere ritenuto responsabile per il reato di violenza sessuale per avere sfiorato il fondo schiena di una donna. Secondo la difesa dell’uomo, la condotta configurerebbe al massimo il reato di violenza sessuale tentata, non avendo mai la persona offesa dichiarato esserle stato toccato il sedere ma solo sfiorata la schiena.
Come già ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale rilevano tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti alla vittima anche con finalità del tutto diverse, come i baci e gli abbracci, sempre che ciò sia valutato dal giudice in modo da tenere in considerazione tutta la condotta nel suo complesso, compreso il contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata e la sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, compreso il contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti (Cass. pen., Sez. III, 26 novembre 2014, n. 964).
Nella fattispecie vi fu un contatto lascivo con la zona erogena del fondoschiena della vittima, sicché, secondo gli ermellini, correttamente il reato è stato ritenuto sussistere nella forma consumata, posto che il tentativo del reato di violenza sessuale è configurabile nel diverso caso in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l’agente non ha raggiunto le zone intime di quest’ultima ovvero non ha provocato un contatto con le sue parti intime (Cass. pen., Sez. III, 18 febbraio 2016, n. 17414).
Se è vero, continuano i giudici, che in tema di violenza sessuale, il tentativo è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà del reo, per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa, essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione sessuale (Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 4674).